Perché l’amianto è pericoloso?
L’amianto è un minerale naturale noto per la sua capacità di essere diviso in fibre sottili e resistenti. Queste caratteristiche lo hanno reso un materiale molto richiesto in vari ambiti industriali, grazie alla sua resistenza al calore, al fuoco, alle sostanze chimiche, oltre alla sua proprietà di non condurre elettricità. Di conseguenza, l’amianto è stato ampiamente usato per aumentare la robustezza del cemento e di altri materiali compositi.
Tuttavia, l’amianto rappresenta un serio pericolo per la salute, essendo stato identificato come un agente cancerogeno di categoria 1A secondo il regolamento europeo (CE) n. 1272/2008, che si occupa della classificazione e dell’etichettatura delle sostanze chimiche. Quando i materiali che contengono amianto subiscono danneggiamenti o deterioramenti, le sue fibre microscopiche possono essere rilasciate nell’aria. L’inalazione di queste fibre può portare allo sviluppo di gravi patologie respiratorie, come l’asbestosi, il mesotelioma e altri tipi di cancro, dopo un’esposizione prolungata.
Tipi di amianto
Ci sono vari tipi di amianto, ognuno con caratteristiche proprie:
- Actinolite;
- Amosite, conosciuto anche come “amianto bruno”;
- Antofillite;
- Crisotilo, noto come “amianto bianco”;
- Crocidolite, detta anche “amianto blu” o “amianto azzurro”;
- Tremolite.
Tra questi, la crocidolite e l’amosite sono considerate le varianti più pericolose per la salute umana, a causa della maggiore nocività delle loro fibre una volta inalate. L’utilizzo della crocidolite, in particolare, è stato interrotto a partire dagli anni ’70, tuttavia, questa sostanza è ancora rintracciabile in numerosi edifici e strutture di vecchia data.
Importante: l’amianto non è dannoso per la salute se rimane inalterato. I rischi per la salute sorgono quando il materiale contenente amianto viene manipolato in modo improprio, come nel caso di taglio, perforazione o altri danneggiamenti, che possono rilasciare fibre nocive nell’aria.
Quali danni può causare
L’amianto rappresenta un rischio per la salute solo quando viene danneggiato e le sue fibre si disperdono nell’aria sotto forma di polvere. L’inalazione di queste fibre può portare a gravi patologie, che però sono relativamente rare tra chi non è esposto a livelli elevati di amianto. Queste condizioni si riscontrano prevalentemente tra coloro che hanno lavorato o lavorano in ambienti dove l’amianto è presente in quantità significative.
Tra le malattie causate dall’esposizione all’amianto si include l’asbestosi, una patologia caratterizzata dalla formazione di tessuto cicatriziale nei polmoni che può provocare serie difficoltà respiratorie. Questa condizione può peggiorare anche dopo che l’esposizione all’amianto è cessata.
Il carcinoma polmonare ha un’incidenza maggiore tra le persone esposte professionalmente all’amianto, sottolineando il legame tra l’esposizione a questo materiale e il rischio di sviluppare tumori.
Il mesotelioma, un tipo di cancro che colpisce le membrane che rivestono torace e addome, è quasi esclusivamente legato all’esposizione all’amianto. Sebbene sia raro nella popolazione generale, chi è stato a contatto con l’amianto nel corso della propria vita professionale ha un rischio significativamente più elevato.
Le patologie legate all’amianto si manifestano dopo lunghi periodi dall’esposizione: i sintomi dell’asbestosi possono apparire dopo 10-20 anni, mentre i tumori associati all’amianto possono richiedere fino a 40 anni per manifestarsi.
Tutte le fibre di amianto sono pericolose
La pericolosità delle fibre di amianto dipende principalmente dalle loro dimensioni. Queste possono essere abbastanza piccole da essere inalate, ma troppo grandi per essere esalate, il che le rende particolarmente pericolose. In particolare, le fibre di crocidolite e di amosite sono considerate tra le più nocive. Secondo la Direttiva 2009/148/CE, ci sono specifiche definizioni per identificare le fibre pericolose, ma per precauzione è consigliabile considerare tutte le fibre di amianto come potenzialmente dannose. Tuttavia, è importante sottolineare che queste fibre rappresentano un rischio per la salute solo se vengono inalate. Non ci sono prove che indichino un rischio di malattie derivanti dalla presenza di amianto nelle forniture idriche.
Cosa fare per ridurre i rischi
Per minimizzare i rischi associati alla presenza di amianto, è fondamentale adottare misure precauzionali specifiche qualora si debba operare in zone dove è possibile la presenza di polvere di amianto. È essenziale:
- Evitare di danneggiare i materiali contenenti amianto;
- Limitare il tempo di lavoro nelle aree a rischio a brevi periodi;
- Indossare dispositivi di protezione individuale adeguati per le vie respiratorie.
Nel caso in cui sia necessario rimuovere materiali contenenti amianto, questa operazione deve essere affidata esclusivamente a imprese specializzate dotate delle autorizzazioni richieste. Non tentare mai di rimuovere l’amianto da soli. Abiti e qualsiasi altro oggetto che sia stato esposto o si sospetti possa essere stato contaminato da amianto dovrebbero essere raccolti in sacchi di plastica sigillati e etichettati, per poi essere trattati secondo le disposizioni dell’ente di appartenenza e lavati unicamente da lavanderie specializzate in tale trattamento.
Ricorda: la precauzione è la migliore strategia. Se la presenza di amianto in un’area è confermata, è meglio evitare completamente di accedervi.
Cosa fare se si è esposti all’amianto
In caso di sospetta esposizione all’amianto, è importante seguire le direttive specifiche del proprio paese. Se si teme che l’aria in un determinato ambiente possa essere contaminata da fibre di amianto, è prudente affidarsi a un’entità esterna qualificata, che abbia l’autorizzazione a gestire l’amianto, per effettuare analisi dell’aria. Nel caso in cui si rilevi una concentrazione di fibre respirabili superiore a 0,1 per millilitro d’aria, calcolata come media su un arco di quattro ore (la metà del limite massimo stabilito dalle norme), è necessario intervenire rapidamente. È essenziale consultare le normative locali per segnalare correttamente l’esposizione e per attuare le misure di gestione del rischio adeguate. Queste potrebbero includere la conservazione dei documenti relativi all’esposizione per periodi estesi, fino a 40 anni, e la programmazione di controlli medici biennali.