Fibre artificiali vetrose, come rimuoverle?
Intuita la gravità del problema amianto, nonostante all’epoca fossa ancora utilizzabile, sul finire degli anni ’80 si è provato a sostituirlo con materiali altrettanto performanti, ma senza tutte quelle stesse caratteristiche negative: sono state così messe in commercio le fibre minerali vetrose e le fibre ceramiche refrattarie, più comunemente conosciute come lana di vetro, lana di roccia e altri materiali simili. Ora, non si vuole sparare a zero su tali materiali, ma unicamente fare chiarezza su quali siano i materiali davvero pericolosi per la salute e quali, invece, no.
Fibre artificiali vetrose: perché sono pericolose?
Moltissimi studi medici hanno evidenziato come anche questa tipologia di materiale potesse causare gravissimi problemi di salute, pertanto sono state emanate diverse discipline normative volte a garantire la sicurezza di chi lavora con tali materiali e di chi occupa dei locali realizzati con gli stessi. Gli studi evidenziano che i rischi per la salute deriverebbero:
- dalle dimensioni delle fibre (il diametro della fibra deve essere maggiore di 6 micrometri);
- dal loro grado di solubilità nei liquidi (importante in tal senso è la lunghezza della fibra superiore a 20 micrometri);
- dal contenuto di sostanze chimiche dette ossidi alcalino terrosi (devono essere contenuti in quantità inferiori al 18%).
Tale distinzione è fondamentale soprattutto per chi utilizza un materiale fibroso per opere edilizie (per esempio il cappotto o l’isolamento di tubazioni) per capire se possa causare danni in futuro alla salute degli occupanti dell’edificio e la conseguenza diretta è la classificazione del materiale medesimo tramite la nota R e la nota Q che sono riportate nella scheda tecnica del materiale. Quando nell’ambito di un cantiere si utilizzano materiali nella cui scheda tecnica non è presente la nota R e/o la nota Q, allora ci si trova di fronte a materiali potenzialmente pericolosi sia per l’installatore del materiale sia per il futuro occupante dell’edificio.
Tutte le volte, invece, in cui nell’ambito di una ristrutturazione o manutenzione di un edificio si ha a che fare con materiali fibrosi è importante ricordare che si tratta di materiali pericolosi almeno quasi quanto l’amianto. Il Testo Unico della Sicurezza – D.Lgs. 81/2008 – ha dedicato gran parte del Titolo IX ai materiali contenenti amianto, mentre non sono state indicate misure precauzionali per la lavorazione e rimozione di altri materiali fibrosi, ma ciò non significa che si possa lavorare per la loro rimozione, o comunque in presenza di questi ultimi, senza le dovute precauzioni.
Quali sono le operazioni di rimozione
Se, durante lavori cantieristici, ci si accorge della presenza di materiali fibrosi è opportuno valutare la possibilità di una eventuale rimozione; se questa fosse possibile, non sarà necessario incaricare una ditta abilitata con iscrizione all’Albo dei Gestori Ambientali in Categoria 10, ma basta che la l’impresa valuti i rischi chimici presenti durante l’attività lavorativa, formi ed informi i lavoratori interessati dotandoli degli adeguati dispositivi di protezione individuale e tratti il materiale in modo tale da renderlo più innocuo possibile per la salute dei lavoratori, prestando attenzione a non inquinare completamente tutto il cantiere tramite manovre avventate.
Come avviene lo smaltimento dei rifiuti?
Avvenuta la rimozione, i rifiuti (costituiti dal materiale rimosso, ma anche da tutti i materiali utilizzati per confinare l’area) devono essere trattati come rifiuti pericolosi e, di conseguenza, opportunamente “verniciati” ed imballati e trasportati da ditta iscritta alla Categoria 5 dell’Albo dei Gestori Ambientali e trasportata in discarica autorizzata.
Se, al contrario, la rimozione non fosse possibile, è importante stabilizzare il materiale fibroso tramite le apposite vernici ed agire con un incapsulamento o confinamento, in base alle possibilità tecniche offerte dal luogo di lavoro.